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Ticket licenziamento 2018: cos’è e come funziona

Il ticket licenziamento altro non è che una rivisitazione della vecchia indennità di mobilità. È stato introdotto nel 2012 dalla Riforma Fornero, e consiste nell’erogazione all’INPS di un contributo per l’eventuale NASPI (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale Per l’Impiego) da parte dei datori di lavoro che licenzino i dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Non si può beneficiare del ticket nei casi di dimissioni volontarie né in quelli di risoluzione consensuale del contratto di lavoro.

L’importo va versato in un’unica soluzione entro il sedicesimo giorno dall’avvenuto licenziamento. In tal modo la Riforma Fornero mira a scoraggiare i licenziamenti e al contempo finanziare la NASPI tramite gli ex datori di lavoro.

Costoro non sono tenuti a versare il ticket nei casi di licenziamento di personale domestico, lavoratori extracomunitari stagionali, operai agricoli o in quelli di decesso dei lavoratori.

Fino a questo momento il ticket ammonta al 41% del massimale Naspi, cioè ad un massimo di 1.470€ per i contratti di durata pari o superiore a 36 mesi.

Il DDL Legge di Bilancio 2018, articolo 20 comma 2, prevede un raddoppio di questa aliquota: si passerà quindi all’82% per un totale di 2.940€.

Raddoppio ticket licenziamento: le novità

Il contributo per l’integrazione salariale raddoppiato riguarda i dipendenti in CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria), ma non si attiverà per i licenziamenti collettivi effettuati prima del 20 ottobre 2017.

Attualmente nell’ambito dei licenziamenti collettivi manca un accordo sindacale, e per calcolare l’importo si applicano i calcoli di cui abbiamo parlato prima; il risultato va poi moltiplicato per tre, dunque il massimo risulta essere di 4.409,55€. Tale importo risulta invariato nella Legge di Bilancio 2018.

Il raddoppio non riguarderà neppure i licenziamenti avvenuti per la “tutela dei lavoratori anziani“, casi previsti dall’articolo 4 della legge 92/2012.

Il calcolo della somma da versare all’INPS dovrà tenere in conto l’anzianità del dipendente; in questo computo andranno inseriti anche i periodi di lavoro con contratto a termine, qualora questo sia poi stato convertito in indeterminato. La stessa regola andrà applicata anche per i rapporti part-time e intermittenti, cioè in quelle circostanze in cui la stabilizzazione ha fatto sì che venisse restituito al lavoratore il contributo addizionale dell’1,4%.

 

 

 

 

 

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