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Crisi in Venezuela: sale il numero di utenti che fanno mining di Bitcoin (ed Ethereum)

Il Venezuela soffre della crisi maggiore della sua storia a causa del crollo dei prezzi del petrolio, instabilità politica interna e iperinflazione che sta toccando le stelle. Tutti i beni di prima necessità scarseggiano e, per cercare di combattere la crisi, sempre più persone si stanno dedicando al mining dei Bitcoin con l’obiettivo di sopravvivere.

La ragione di questo successo? L’elettricità è ora più economica e più accessibile proprio a causa della crisi economica. Questo perché sotto la guida del presidente Nicolás Maduro, l’energia elettrica è fortemente sovvenzionata al punto che è essenzialmente gratuita.

L’attività di mining Bitcoin funziona in questo modo: i minatori utilizzano l’hardware dei loro computer per eseguire calcoli complessi che creano, in ultima analisi, un nuovo collegamento nel blocco Bitcoin. In cambio di questa attività, i minatori sono ricompensati con i bitcoin. Uno dei requisiti chiave per poter minare è quello di avere una grande quantità di potenza di calcolo (per questo motivo esistono dei computer dedicati).

Secondo quanto indicato dal The Atlantic, ogni minatore venezuelano è in grado di incassare fino a 500 dollari al mese, una somma che per noi sembra piccola, ma considerando il costo della vita in Venezuela è una piccola fortuna, sufficiente per tirare avanti per un mese una famiglia di quattro persone e acquistare beni vitali come pannolini per bambini o altri beni di importazione.

Le autorità, però, hanno cominciato a stringere sulle operazioni di mining dei Bitcoin. Il rapporto ha spiegato che poiché il paese non ha leggi dedicate, la polizia sta arrestando i miner con accuse che lasciano il tempo che trovano. Questa mossa ha spinto miner a spostare il tiro ed iniziare a minare Ethereum al posto dei Bitcoin, considerando che il principio è sostanzialmente lo stesso ma più sicuro.