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Quota 41, si farà?

Con l’avvicinarsi della fine dell’anno si avvicina sempre di più anche il momento in cui dovrà essere redatta la stesura finale della legge di bilancio. In questa, come accade oramai da qualche anno con una certa regolarità dovrebbero essere incluse anche le idee dell’esecutivo inerenti al fronte pensionistico, che in questi pochi mesi di governo possono fondamentalmente essere riassunte in due parole: Quota 100.

Quota 100 vs. Quota 41: le differenze

Uno dei cavalli di battaglia dell’attuale Governo, infatti, è quello dell’abolizione della legge Fornero, da superare con una riforma del sistema pensionistico che garantirebbe a chiunque di andare in pensione non appena raggiunto il 62° anno di età e il 38° di  contribuzione. La somma di tali valori porta appunto a 100, e da qui il nome dell’iniziativa (che, invero, era già stata paventata dalla precedente amministrazione senza però trovare realizzazione pratica).

Due paletti fondamentali dovrebbero caratterizzare la Quota 100, che sono quelli dei requisiti minimi. In altre parole, si potrà andare in pensione solo se si saranno compiuti sia i 62 anni di età sia i 38 di contributi, mai prima.

Facendo un esempio concreto, quindi, se un lavoratore ha 64 anni e 36 di contributi, nonostante la somma dei due valori sia comunque pari a 100, non potrà andare in pensione. Lo stesso vale per chi ha più anni di contributi e meno all’anagrafe, i cosiddetti lavoratori precoci che avendo iniziato a versare allo Stato in giovane età ora chiedono il diritto di andare in pensione prima rispetto agli altri.

Nello specifico, tale richiesta dovrebbe concretizzarsi nella cosiddetta Quota 41, secondo cui qualsiasi lavoratore che ha alle sue spalle almeno 41 anni di contributi può richiedere e ottenere di andare in pensione.

La proposta è al vaglio dell’esecutivo, e più di un’apertura è stata garantita dal Ministro Salvini che ha definito “sacrosanta” la possibilità di andare in pensione per chiunque abbia lavorato per almeno 41 anni della propria vita.

Il disegno finale della legge di stabilità dovrebbe dare ai lavoratori precoci la risposta definitiva alle loro istanze.